Quando ti dicono che "non si può fare": perché (quasi sempre) il problema non è tecnico

Ogni giorno sentiamo dire che una soluzione è troppo difficile, o addirittura impossibile da realizzare.
Ma la verità è che nel 99% dei casi il vero ostacolo non è tecnologico, è comunicativo.
In questo articolo esploriamo il valore dell’analisi iniziale, l'importanza di ascoltare davvero il problema e come la tecnologia, se guidata da una direzione chiara, può portare a risultati impensabili.


"Non si può fare": il falso mito del limite tecnologico


Nel settore digitale, una delle frasi più frequenti che mi capita di sentire è: "Questa cosa è troppo difficile, non si può fare."
Di solito arriva da imprenditori scoraggiati, da team tecnici che hanno già ricevuto un "no" altrove, o da chi ha già investito tempo e soldi in tentativi falliti.
Ma nella stragrande maggioranza dei casi, questa affermazione è semplicemente falsa.


Il problema non è (quasi mai) nella tecnologia.
Il problema è nella comprensione.


Quando qualcuno dice che una soluzione è "troppo difficile", spesso significa che il problema non è stato capito fino in fondo.
La richiesta può essere stata posta male, o interpretata con un linguaggio tecnico scorretto.
Oppure, peggio, è stata letta attraverso il filtro di chi ha già in mente una soluzione standardizzata, senza realmente voler capire cosa sta chiedendo l'interlocutore.


Il paradosso è che oggi abbiamo a disposizione più strumenti, framework, librerie e API che mai.
Ma con tutta questa abbondanza, spesso manca proprio l'elemento base: il tempo per ascoltare.
Ascoltare bene il cliente, il contesto, i limiti e le risorse.
Troppo spesso si parte subito alla ricerca dello strumento adatto, senza essersi chiesti prima: "Qual è davvero il bisogno?".


Pensiamo a un esempio pratico: un'azienda manifatturiera vuole "automatizzare il flusso ordini".
La richiesta arriva così, senza molte altre informazioni.
Alcuni partner potrebbero proporre un gestionale preconfezionato, altri un'integrazione con un CRM, altri ancora un'app custom.
Ma nessuno chiede: come funziona oggi il flusso?
Chi sono i soggetti coinvolti?
Dove si inceppa il sistema?
Lì è nascosto il vero valore.
E solo lì.


Molto spesso, chi dice che è impossibile, intende: “Non ho capito come arrivarci usando gli strumenti che conosco”.
Ma in un mondo digitale in continua evoluzione, non è più accettabile limitarsi a ciò che già si conosce.


Il lavoro del digital advisor è proprio questo: fermarsi, ascoltare, riformulare la richiesta, e poi cercare la vera soluzione.
Non nel magico tool del momento, ma nell’analisi.


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L’analisi è il 99% del progetto (ma nessuno te lo dice)


Viviamo in un mondo che ha fretta.
I progetti devono partire subito, i preventivi devono essere pronti in 48 ore, le aziende vogliono risultati nel trimestre.
In questo contesto, parlare di "analisi" suona spesso come una perdita di tempo.


Ma è esattamente il contrario.


Un’analisi fatta bene è l’80% del progetto.
È ciò che distingue un investimento utile da un bagno di sangue digitale.


L'analisi è ascolto.
Ma non è solo una chiacchierata informale.
È un processo strutturato.
Significa:

- raccogliere i requisiti funzionali reali

- identificare i flussi operativi esistenti

- capire i vincoli tecnici e normativi

- mappare le relazioni tra i sistemi

- definire gli obiettivi strategici del progetto


E ancora: significa mettere in discussione ciò che viene dato per scontato.


Un esempio ricorrente: il cliente dice di voler "un portale clienti".
Ma poi, scavando, emerge che quello che gli serve davvero è un sistema per notificare in tempo reale lo stato delle spedizioni, perché riceve decine di telefonate al giorno.
Il portale è solo una forma, non la risposta.


Una buona analisi porta alla luce queste cose.
E quando vengono alla luce, cambia tutto: cambia la strategia, cambia il budget, cambia il valore percepito del progetto.


Molti progetti falliscono o si bloccano non per limiti tecnici, ma per un errore in fase iniziale.
Non sono partiti dal bisogno, ma dalla tecnologia.


L'analisi è anche uno strumento di riduzione del rischio.
Una mappa chiara evita sorprese.
Permette di stimare con più precisione tempi, costi e risorse.
E soprattutto crea allineamento tra i vari interlocutori: manager, fornitori, sviluppatori, utenti finali.


In sintesi: investire in analisi significa risparmiare dopo.


Senza rotta non c’è vento favorevole: la tecnologia è un mezzo, non il fine


Uno dei mantra che ripetiamo spesso in azienda è questo: "Non c'è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare."


E non lo diciamo per fare filosofia.


Nel mondo del digitale, è fin troppo facile farsi sedurre dalla tecnologia.
Intelligenza artificiale, blockchain, microservizi, automazioni... ogni giorno nasce un trend nuovo.
Ma la verità è che senza una direzione chiara, ogni strumento diventa rumore.


La tecnologia è un mezzo.
Serve a realizzare un obiettivo.
Ma se quell’obiettivo non è definito, anche la migliore tecnologia rischia di diventare un costo inutile.


La "rotta" di cui parliamo è il frutto dell'analisi.
È la sintesi tra bisogno reale, contesto operativo, vincoli di mercato e opportunità tecnologiche.
È la strategia che guida le scelte successive.


Prendiamo ad esempio un'azienda che decide di "digitalizzare il processo commerciale".
Senza rotta, potremmo finire con:

- un CRM complesso, usato al 10%

- un flusso lead-to-sale scollegato

- un team che lavora più lentamente di prima


Con una rotta chiara, invece, potremmo avere:

- uno strumento leggero ma integrato

- automazioni utili e non invasive

- una reportistica che guida le decisioni


Non è la tecnologia a fare la differenza, ma il modo in cui la incastri nel disegno generale.


Chi guida progetti digitali deve essere prima di tutto un architetto: qualcuno che disegna la struttura, la rotta, la visione.
Solo dopo viene la scelta degli strumenti, dei linguaggi, delle piattaforme.


Ecco perché oggi serve più che mai una figura in grado di connettere bisogni e soluzioni: un digital advisor.
Qualcuno che sappia dire "no" al software sbagliato anche se è di moda.
E che sappia guidare una scelta non solo efficiente, ma sostenibile nel tempo.


Se non sai dove vuoi andare, ogni piattaforma è sbagliata.


E ogni vento ti farà perdere la rotta.


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